Ciao! Mi chiamo Stefano Verza.
Sono Psicologo clinico e dello sviluppo, specializzando in Psicoterapia Integrata e co-fondatore di NeoPsi, associazione di promozione del benessere psicologico.
Mi occupo di:
Ma, ehi, vi va di fare un passo indietro con me? Seguitemi.
La domanda “chi sei?” mi ha sempre messo in difficoltà. Per tanto tempo ho risposto dicendo: sono un artista. Mi piaceva creare, scrivere, disegnare, scattare fotografie. Poi però ho sentito che mi mancava qualcosa, e quel qualcosa era la possibilità di aiutare gli altri.
Inizio dando ripetizioni. Con i primi successi scopro il piacere di trasmettere informazioni e conoscenze, magari perfino la passione per una poesia, un periodo storico o – perché no? – una formula matematica.
Tutto molto bello, però manca qualcosa: non mi basta aiutare gli altri a studiare o a fare gli esercizi. Voglio aiutare gli altri a stare bene.
Così mi iscrivo alla Facoltà di Psicologia, con l’obiettivo specifico di aiutare le famiglie a stare meglio.
Lungo il mio percorso ho modo di studiare nel dettaglio il funzionamento della mente umana, dal livello micro dei neurotrasmettitori a quello macro dei comportamenti sociali e delle dinamiche familiari.
(No, non sono un mentalista:
non vi leggo nel pensiero e non interpreto i vostri sogni!)
Il mio piano originale è rimasto, ma nel mentre scrivo una tesi sul legame tra musica e abilità di lettura e vengo a contatto con i DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento):
Non sono soddisfatto della formazione universitaria in merito, sicché con i risparmi (studenti-lavoratori ne abbiamo?) mi pago un master in diagnosi e riabilitazione.
Figata! Comincio ad aiutare una ragazza dislessica così poco autonoma che, da sola, non legge neanche una pagina di scienze. Un anno dopo si iscrive al Liceo Classico.
Da allora ho il piacere di conoscere decine di bambini e ragazzi con DSA, BES (Bisogni Educativi Speciali), e ADHD (disturbo da deficit di attenzione e iperattività), che aiuto a brillare con percorsi personalizzati di aiuto compiti, potenziamento cognitivo e delle funzioni esecutive.
Più dei mille libri universitari, l’esperienza sul campo mi ha permesso di osservare da vicino come un cervello in difficoltà si comporta, si adatta, si demotiva sotto stress o si rafforza accumulando successi – tutti concetti preziosi anche per il lavoro con bambini e ragazzi senza diagnosi, cui do una mano a migliorare il proprio metodo di studio e diventare studenti più sereni, autonomi e sicuri di sé.
Insomma: i miei studentini con DSA / BES / ADHD hanno avuto tanto da insegnare a tutti gli altri. Se non è inclusione questa!
Lavorando con bambini e ragazzi, mi accorgo che all’appello manca qualcosa – o meglio, qualcuno.
Così comincio a fare i primi colloqui con gli insegnanti, e scopro che sono indispensabili.
Parola chiave è cooperazione.
Parlare con i docenti mi permette di comprendere meglio le dinamiche di classe, insieme diamo un senso alle difficoltà e agli atteggiamenti dei ragazzi.
Da parte mia, offro loro suggerimenti per l’implementazione degli strumenti compensativi o per la costruzione di verifiche ad hoc, che mettano gli alunni con DSA nelle condizioni di dare il meglio di sé.
Bisogna sempre ricordare che:
Se la collaborazione con i docenti è fondamentale, quella con i genitori è di vitale importanza.
La collaborazione con i genitori rende più efficaci i miei interventi perché:
Da qui nascono i percorsi di Parent Training, individuali e di gruppo.
È sbagliato dire che “il problema sono i genitori”.
Al contrario: i genitori sono la soluzione!
Il motto, qui, è molto semplice: ai bambini non serve qualcuno che gli insegni a fare le mappe concettuali. Ai bambini serve qualcuno che faccia le mappe con loro!
Poi gli serve qualcuno che sia persuaso che saranno in grado di fare delle mappe bellissime anche da soli, e qualcuno che gli ricordi che sono stati bravi anche se il risultato non è quello sperato.
Allo stesso modo, sono persuaso che papà e mamme possano essere molto più benefici di qualsiasi percorso:
Se un genitore arriva da me, è perché ama suo figlio. Si parte sempre da qui.
Imparare a giostrare tutti questi concetti apparentemente semplici, però, può risultare faticoso: senza contare il lavoro, il poco tempo, i tanti compiti, le nuove diagnosi, la dipendenza da videogiochi e social media – queste sono solo alcune delle nuove sfide che i genitori di oggi si trovano ad affrontare.
Nelle nostre sedute le snoccioliamo, ci chiediamo come ci fanno sentire e come questo influenza i nostri pensieri e le nostre azioni. Poi elaboriamo un piano d’azione e ci mettiamo all’opera: pragmatici e sul pezzo. Di nuovo, parole chiave è cooperazione.
Avrò tante qualità, ma una cosa è certa: non mi piace scegliere.
Ho un animo rinascimentale e, fosse per me, vorrei operare in tutti gli ambiti del vastissimo mondo che è la Psicologia. Ma volerlo non è abbastanza, ed è per questo che non ho mai smesso di formarmi: prima con un Master in Valutazione psicologica e Tecniche di cambiamento, poi con l’iscrizione alla scuola di specializzazione in Psicoterapia Integrata.
Oggi non mi occupo solo di famiglie, ma anche di counselling (o sostegno psicologico). In un certo senso potremmo dire che ho realizzato il mio sogno, perché aiuto le persone a stare meglio.
Come?
Con la consapevolezza delle nostre motivazioni — le ragioni che ci spingono ad agire, ma anche a sentire e pensare, in un certo modo. Solo così possiamo dare senso a noi stessi, agli altri, a quello che ci succede.
L’ingrediente magico è la cooperazione: insieme possiamo guardare le emozioni, comprenderle e gestirle, e finalmente pianificare comportamenti più efficaci.
Infine, ho deciso di unire le mie passioni (insegnamento e counselling) per offrire percorsi sul metodo di studio per universitari e studenti delle superiori.
Li chiamo “percorsi” e non “corsi” perché non insegno come tenere in mano l’evidenziatore: ciò che funziona davvero è la consapevolezza delle motivazioni, delle risorse, degli ostacoli, degli stili cognitivi — unita, ovviamente, ai risultati della Ricerca in pedagogia e neuroscienze dell’apprendimento.