Tutto il mio lavoro si avvale di un approccio affermativo che ha come valori fondanti l’inclusione, l’apertura mentale e l’ascolto non giudicante.
Reputo indispensabile che tutte le persone con cui ho il piacere di interagire si sentano accolte e riconosciute in qualunque caratteristica o predisposizione.
Mi riferisco a tutti i tipi di “diversità”, a partire da quelle fisiche o cognitive: le cosiddette traiettorie di sviluppo atipiche, con cui lavoro da sempre (es. dislessia, ADHD…), qualsiasi genere di disabilità, qualsiasi disturbo mentale; ma anche quelle etniche o relative allo status socio-economico.
In questa pagina, però, ti parlo nello specifico di quelle che nella letteratura scientifica inglese vengono definite GSRDGender, Sexual and Relationship Diversities — Diversità Sessuali, Relazionali e di Genere.
Solo alcuni esempi:
L’apertura mentale consiste nella consapevolezza di non avere tutte le risposte, perché solo di recente la società, e quindi anche la letteratura scientifica, si stanno sforzando di comprendere queste esperienze “meno comuni” (ma poi, lo sono davvero?!).
Continua a leggere se vuoi saperne di più sull’Approccio affermativo nella consulenza psicologica con persone appartenenti alla comunità LGBTQ+!
L’approccio affermativo consiste in uno stile terapeutico che accoglie positivamente tutti gli orientamenti sessuali, identità di genere e stili relazionali.
La terapia affermativa tiene conto del disagio specifico delle persone appartenenti a minoranze.
Ecco alcuni esempi (linkati trovi qualche mio post su Instagram, se ti va di approfondire)
(Non preoccuparti se non conosci tutti questi termini: la discriminazione ha mille modi di manifestarsi e solo in tempi recenti abbiamo iniziato a descriverla e catalogarla!)
L’obiettivo dell’approccio affermativo è di favorire l’auto-accettazioneAccolgo me stessə e le mie predisposizioni e l’auto-determinazioneValuto me stessə e gli altri con meno interferenze possibili da pressioni e stereotipi sociali. Allo stesso tempo si lavora sul senso di appartenenza, sulla rete sociale e sulle strategie di coping.
Un terapeutica ad approccio affermativo deve innanzitutto avere familiarità con la tematica. Questo non significa necessariamente appartenere alle minoranze in questione — ciò avrebbe dei pro e dei contro: da un lato rende più facile empatizzare con il paziente, dall’altro aumenta il rischio di eccessivo coinvolgimento emotivo e identificazione con esso.
È importante soprattutto circondarsi di diversità, avere la mente aperta agli infiniti modi di pensare e di sentirsi che il mondo ha da offrire.
Proprio per questo l’attivismo e la sensibilità alle tematiche dei diritti civili sono per me inscindibili dalla pratica clinica, insieme — come sempre — alla formazione specifica ottenuta attraverso l’aggiornamento continuo delle basi teoriche e metodologiche.
Indispensabile, infine, è per me lavorare su me stesso, sui miei propri pregiudizi, stereotipi e bias — perché la tendenza a “normare” ci viene insegnata fin da piccoli e noi psicologi non ne siamo immuni!
(QUI trovi una riflessione più approfondita sull’Approccio Affermativo nella formazione psicologica)
Non esiste un modo giusto o obbligato di attraversare il percorso (che in passato veniva chiamato transizione di genere): ogni persona costruisce il proprio cammino in base ai propri bisogni, desideri e possibilità.
In Italia, l’accesso alla terapia ormonale sostitutiva (HRT – Hormone Replacement Therapy) richiede una valutazione psicologica o psicodiagnostica, finalizzata al rilascio del nullaosta per la prima visita endocrinologica. Le linee guida internazionali attuali (SOC-8, Standards of Care for the Health of Transgender and Gender Diverse People) raccomandano che questa fase avvenga in modo rapido, informato e non patologizzante, nel rispetto dell’autodeterminazione della persona.
A seguito dell’avvio della terapia ormonale, si può continuare con un percorso psicologico di accompagnamento, in cui vengono monitorati i miglioramenti dal punto di vista dell’umore e della qualità della vita.
Dopo un periodo di almeno 12 mesi di monitoraggio endocrinologico e psicologico, chi lo desidera può avviare l’iter per il riconoscimento giuridico del genere e del nome.
In Italia, infatti, la rettifica anagrafica richiede un ricorso legale presso il tribunale competente, accompagnato da una perizia psicologica o psichiatrica che attesti la persistenza e la coerenza del percorso. Ad oggi, non è prevista la possibilità di rettifica basata sulla sola autodeterminazione, né per persone che non hanno intrapreso la terapia ormonale sostitutiva.
sempre secondo i criteri stabiliti dalle linee guida e nel rispetto del principio di autodeterminazione – senza mai sacrificare la qualità e la profondità della valutazione.
La prima cosa che dico a colloquio è:
Il mio obiettivo non è dire “sì” o “no”, ma offrire uno spazio di esplorazione autentica: per chi ha già le idee chiare, il percorso può essere molto rapido; per chi è ancora in ascolto di sé, può essere un’occasione preziosa per capire se, come e quando proseguire. Non tutte le persone trans desiderano intraprendere un percorso medicalizzato: il mio compito è accogliere ogni possibilità con rispetto e competenza.
Attenzione: TUTTE le mie consulenze seguono l’approccio affermativo. Tuttavia, un percorso specifico sulle GSDR (Diversità Sessuali, Relazionali e di Genere) può esserti utile nei seguenti casi:

