
Nessun problema!
Puoi prenotare una consulenza online, tramite Google Meet o simili. Fanno eccezione solo i percorsi di diagnosi DSA in età evolutiva, che richiedono la valutazione in presenza.
In alternativa, posso suggerirti nominativi di colleghi fidatissimi più vicini a te.
L'onorario, così come la durata e la cadenza degli incontri, verrà pattuito insieme e varia a seconda del tipo di percorso e degli strumenti utilizzati. Per info più dettagliate, non esitare a scrivermi nella pagina Contatti!
No, il primo incontro non è gratuito: è uno dei momenti più delicati e importanti del percorso. Richiede grande competenza, ascolto attivo e organizzazione, perché qui si gettano le basi della relazione e si definiscono i primi obiettivi.
Dà valore sia al professionista che al paziente, ed è pensato per offrire già dal principio un supporto concreto e su misura.
Sì. A partire dal 2017, con il DdL Lorenzin, lo psicologo è stato riconosciuto come professione sanitaria.
Pertanto, le prestazioni psicologiche sono detraibili al 19% nella dichiarazione dei redditi come “spese mediche generiche”, senza necessità di prescrizione medica.
Mi occuperò personalmente di trasmettere i dati delle fatture al Sistema Tessera Sanitaria (STS) per consentirti la detrazione automatica.
Se, per qualsiasi motivo, preferisci non usufruire di questo servizio, puoi esercitare il tuo diritto di opposizione all’invio dei dati.
In molti modi, sempre nel pieno rispetto del Regolamento europeo 2016/679 (General Data Protection Regulation) e del D.Lgs. n. 196/2003 (Testo unico in materia di protezione dei dati personali).
Durante il primo incontro ti chiederò di firmare un modulo di consenso informato che illustra anche le modalità di trattamento dei dati personali.
Se desideri approfondire o hai esigenze particolari, puoi scrivermi tramite il modulo in fondo a questa pagina.
Le mie aree di specializzazione includono:
Lavoro prevalentemente con adulti, adolescenti e genitori.
Formazione continua e aggiornamenti professionali fanno parte del mio lavoro quotidiano.
Per saperne di più sul mio percorso, clicca qui!
No: sono Psicoterapeuta, ma non Neuropsicologo.
In Italia si tratta di due percorsi di specializzazione diversi.
Ho una formazione pre e post laurea in neuropsicologia, ma la qualifica di “neuropsicologo” spetta solo a chi ha conseguito una specifica scuola di specializzazione riconosciuta dal Ministero (secondo la normativa vigente).
Tuttavia, posso occuparmi di diagnosi psicologica (compresi DSA, ADHD e autismo) e di valutazione e potenziamento delle funzioni cognitive (come memoria, attenzione, linguaggio, ecc.).
Alcuni interventi e diagnosi altamente specialistici, soprattutto in ambito neurologico, restano invece riservati ai neuropsicologi abilitati.
Se hai dubbi sul tipo di valutazione di cui hai bisogno, posso aiutarti a orientarti o, se necessario, consigliarti uno specialista.
Lo decidiamo insieme: ogni caso è unico, e così ogni percorso.
A volte il “nodo” su cui lavorare emerge subito: già il momento di restituzione della valutazione iniziale può essere incisivo e terapeutico!
In altri casi, la definizione e il raggiungimento degli obiettivi può richiedere più tempo, oppure si può scegliere di non darsi limiti prestabiliti, rispettando le esigenze individuali.
Per formazione e mission professionale – e in coerenza con il codice deontologico – i miei interventi sono sempre pensati per favorire l’autonomia e il benessere della persona nel minor tempo possibile.
L’obiettivo è aiutarti a trovare gli strumenti per stare bene da solə, senza dipendere dal percorso terapeutico più del necessario.
Sì, è possibile richiedere percorsi o singoli incontri di coppia o di gruppo (sedute familiari o per polecole).
Presso il Centro Sui Generis di Milano mi occupo della moderazione di gruppi di auto mutuo aiuto per persone trans e non binary.
Un percorso di sostegno o psicoterapia si articola grossomodo in cinque fasi:
1. Primo colloquio anamnestico, dedicato a conoscerci, raccogliere la tua storia e capire cosa ti porta qui. È la base per costruire un percorso su misura.
2. Valutazione: serve a comprendere il proprio modello di funzionamentocome funzionano i propri pensieri, emozioni e comportamenti. La valutazione si svolge attraverso il colloquio clinico, ma anche con strumenti come i test e questionari standardizzaticioè validati scientificamente.
3. Restituzione e obiettivi: ci confrontiamo su ciò che emerge e concordiamo insieme gli obiettivi e i metodi di lavoro, in modo che il percorso sia sempre chiaro e condiviso.
4. Intervento, la fase centrale: qui lavoriamo attivamente per comprendere meglio la situazione, trovare nuovi significati e sperimentare strategie più funzionali.
5. Follow-up: incontri a distanza per consolidare i progressi fino alla completa autonomia.
Attenzione! Le fasi non sono rigide: valutazione e restituzione, ad esempio, sono processi ricorsivi che si ripropongono dalla prima all'ultima seduta.
Sì, ma attenzione: qui mi serve fare una distinzione importante.
L'esito diagnostico è una definizione in termini nosografici, ovvero formulata secondo le categorie riconosciute nei principali manuali diagnostici: ansia, depressione, ADHD...
È una fase preliminare utile per orientare il lavoro clinico, proprio come una diagnosi di lombosciatalgia è utile al Fisioterapista per capire su cosa lavorare!
Il processo diagnostico è invece un’attività continua e condivisa che restituisce di volta in volta un modello di funzionamentocome funzionano i propri pensieri, emozioni e comportamenti sempre più accurato, al fine di potenziare la consapevolezza e l'autonomia.
Proprio come in fisioterapia, dove – sessione dopo sessione – si impara a riconoscere segnali, risorse e limiti del proprio corpo.
Il sostegno psicologico è un percorso di accompagnamento in cui puoi ricevere ascolto, orientamento e strumenti pratici per affrontare momenti di difficoltà, stress o cambiamento.
La psicoterapia, invece, è un intervento più profondo e strutturato, che mira a lavorare sulle cause alla base del malessere e a favorire cambiamenti duraturi nella vita e nelle relazioni.
In pratica, il sostegno aiuta a “navigare” situazioni specifiche, mentre la psicoterapia lavora su nodi più radicati, emozioni e schemi personali.
Assolutamente sì. Il percorso serve proprio per esplorare dubbi, sensazioni e desideri. Non serve avere “tutto chiaro” per iniziare: lo spazio terapeutico è anche (e soprattutto!) uno spazio di scoperta.
Sì, nei percorsi affermativi è possibile richiedere una valutazione psicodiagnostica per il rilascio del nullaosta, secondo le linee guida internazionali. Il tutto nel rispetto del principio di autodeterminazione, e senza inutili ostacoli.
Sì, con il consenso di entrambi i genitori o tutori legalmente responsabili, come previsto dalla normativa. In questi casi, è previsto un primo incontro con la famiglia.
Certo. Non devi portare un tema “LGBTQ+” per sentirti accoltə. La sicurezza relazionale e la comprensione dei contesti discriminatori rendono il lavoro terapeutico più profondo, anche su tematiche apparentemente non correlate.
Sì. I percorsi sono inclusivi anche per persone intersex, spesso invisibilizzate nel discorso clinico. Possiamo affrontare tematiche legate a identità, medicalizzazione precoce, vissuti corporei o altro, sempre nel rispetto della tua storia.
Lo decidiamo insieme: ogni caso è unico, e così ogni percorso.
Per dare un'indicazione generale, da prendere con le pinze:
Una valutazione diagnostica può richiedere dai 4 agli 8 incontri (compresi primo colloquio e restituzione), a seconda del caso, ad esempio se si tratta di una prima diagnosi o di un aggiornamento diagnostico.
Un ciclo di potenziamento di una funzione base richiede almeno una decina di incontri. Il tempo reale varia in base alla funzione da potenziare e all'età del soggetto: con i cuccioli si lavora per micro-obiettivi (es. "le doppie", "le operazioni di base", "l'uso del diario") mentre con i più grandi, per tenere testa alle richieste della scuola, occorre un approccio metacognitivo (es. "la comprensione del testo", "le strategie compensative in matematica", "l'autoregolazione").
Il tutoring si pone un obiettivo a lungo termine, ma spesso i cambiamenti si vedono già dopo le prime settimane. L'accompagnamento allo svolgimento dei compiti può fermarsi con l'acquisizione delle prime strategie oppure continuare per tutto il ciclo scolastico, aggiornando di volta in volta gli obiettivi.
Sì: organizzo spesso mini-gruppi suddivisi per età e per funzione o argomento da potenziare. Per quanto riguarda il Tutoring, accetto proposte di lezioni in piccoli gruppi: è un modo per contenere i costi e per rendere più conviviale il momento dei compiti!
Si parte sempre da un incontro con i genitori in cui valutiamo insieme il problema, stabiliamo degli obiettivi e un piano d'azione.
Ad esempio potremmo decidere di fare dieci incontri di Potenziamento delle abilità di calcolo (un'ora la settimana) e di accompagnare l'allievo/a con una o due ore di Tutoring. Oppure, viceversa, si può percorrere una strada parallela a quella scolastica, dimenticando compiti e verifiche e concentrandoci sul solo Potenziamento.
Alla fine di ogni ciclo di incontri (o comunque con una certa cadenza, tipo ogni mese) fissiamo un colloquio genitori in cui facciamo il punto della situazione e aggiorniamo gli obiettivi.
Sì, effettuo anche diagnosi di DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento), sia in età evolutiva che in età adulta.
Sono membro di équipe accreditata prima diagnosi e certificazione per i Disturbi dell’Apprendimento (ATS Monza e Brianza), come previsto dalla normativa vigente in Lombardia.
Nella pratica, la differenza è minima: io preferisco parlare di potenziamento perché i DSA sono caratteristiche neurobiologiche, non “abilità perse” da riabilitare. Un bambino discalculico, ad esempio, non ha perso il senso dei numeri, ma lo ha sviluppato in modo diverso: insieme possiamo allenare e rafforzare queste competenze, senza cercare di “recuperare” qualcosa che non c’è mai stato.
Questo articolo dell'AID (Associazione Italiana Dislessia) lo spiega molto bene!
Lo decidiamo insieme: ogni caso è unico, e così ogni percorso.
Per dare un'indicazione generale, da prendere con le pinze: per una tematica specifica si comincia di solito fissando una decina di incontri, di cui almeno un paio di valutazione (all'inizio) e due di follow-up, cioè di monitoraggio (alla fine).
Tuttavia è anche possibile che il "nodo" da sbloccare emerga subito: già il momento di restituzione della valutazione iniziale può essere incisivo e terapeutico!
In altri casi la definizione e il raggiungimento degli obiettivi possono richiedere più tempo, oppure si decide di non darsi limiti di tempo prestabiliti.
Sì: sceglieremo insieme la modalità più utile tra percorsi individuali, di coppia, familiari o di gruppo.
- individuali, rivolti a famiglie monogenitoriali o in caso di oggettiva impossibilità di un genitore a presenziare agli incontri;
- di coppia, in cui lavoriamo sia sulle dinamiche genitori-bambini che sul rapporto genitore-genitore (vale anche per i separati!);
- familiari, con il coinvolgimento di fratelli o sorelle, nonni, zii, tate o altre figure di riferimento;
- di gruppo, ovvero con altri genitori, in un contesto di ascolto non giudicante e scambio di idee, esperienze e strategie.
Ti parlo qui del setting individuale: non c'è una struttura fissa, ma tipicamente si parte da una valutazione iniziale in cui mettiamo a fuoco il problema, capiamo cosa funziona e cosa no, e ci diamo degli obiettivi realistici.
Poi partiamo in quarta a sperimentare nuove strategie educative, oppure ci focalizziamo sugli aspetti psicologici che ostacolano momentaneamente la funzione genitoriale (ad esempio, se uno dei genitori è particolarmente ansioso). Questo non significa necessariamente risolvere il problema, ma iniziare a ridefinire meglio la situazione, darle un significato, assumere consapevolezza di noi stessi, apprendere e sperimentare strategie alternative.
Infine, ci prendiamo un incontro in cui facciamo il punto della situazione, valutiamo l'efficacia dell'intervento e decidiamo se e come proseguire — ad esempio concentrandoci su un altro obiettivo o prendendoci una pausa.
No! Il Parent Training non ha l'obiettivo di trovare problemi nei genitori, bensì di aiutarli a diventare una soluzione. La genitorialità è una sfida per tutti!
Detto questo, genitori sani crescono figli sani. Per questo, davanti a situazioni di particolare disagio nel bambino, in uno dei genitori o nel sistema familiare, mi permetto di suggerire percorsi più specifici (es. approfondimento diagnostico o psicoterapia) da portare avanti parallelamente al Training, con me o con altri professionisti.
Nel nostro contesto, nessuna.
Di solito si indicano con Parent Training dei percorsi più strutturati, con un numero di incontri prestabilito e fasi ben definite, mentre il concetto di sostegno alla genitorialità è più vicino a un Counselling per genitori.
Ma il succo non cambia: l'obiettivo è sempre quello di migliorare le abilità educative dei genitori, cercare strategie per fronteggiare i problemi quotidiani e approfondire le tematiche di interesse (es. come funziona la dislessia, l'apprendimento, il comportamento oppositivo...).
Lo decidiamo insieme: ogni caso è unico, e così ogni percorso.
Per dare un'indicazione generale, da prendere con le pinze: già nei primi 10 incontri si riesce di solito a portare a termine la fase di valutazione, inquadrare il problema, fissare qualche spunto di riflessione e mettere giù le prime strategie.
Da qui possiamo fermarci e rivederci dopo un po' (follow-up) oppure continuare approfondendo le tematiche che ti servono di più.
Sì: su richiesta. Può essere un modo scaltro per dividere i costi e sostenersi a vicenda. Il primo incontro sarà però in singolo, così da valutare la fattibilità — a volte le necessità di due studenti sono incompatibili, ed è meglio procedere in solitaria o... in un altro gruppo!
Il Metodo di Studio si articola normalmente in quattro fasi:
1. Valutazione, di solito nei primi 3–5 incontri. Insieme mettiamo a fuoco i tuoi obiettivi e le tue aspettative; poi scegliamo dei questionari e test standardizzaticioè validati scientificamente per misurare in modo oggettivo dimensioni connesse al successo scolastico/accademico — sia psicologiche (come la Perseveranza, l'Ansia da prestazione, la Paura della valutazione negativa), sia cognitive (come la Memoria e l'Attenzione).
2. Restituzione, 1–2 incontri in cui ci raccontiamo cosa è emerso dalla prima fase. Cercheremo di focalizzare l'attenzione su pochi obiettivi specifici e raggiungibili e riflettiamo su quali ostacoli potremmo incontrare nel nostro cammino.
3. Intervento, il nucleo centrale del nostro percorso. Possiamo andare a braccio e definire in anticipo quanti incontri dedicare a ogni obiettivo — di solito almeno 3–5.
4. Follow-up, 1–2 incontri a distanza per vedere come procede la situazione. È importante perché ci permette di valutare l'efficacia delle strategie adottate e decidere eventualmente di aggiungere un ciclo di incontri per concentrarci su un altro obiettivo.
Per l'amor del Cielo, No!
Il Metodo di Studio è utile a tutti, e anche in caso di gravi carenze organizzative o cognitive siamo ben lontani dalla psicopatologia.
Detto questo, a volte mi capita di incontrare casi di ansia particolarmente intensa o invalidante, Disturbi dell'Apprendimento non diagnosticati o altre situazioni degne di ulteriore approfondimento. In questi casi mi permetto di suggerire percorsi più specifici (es. Potenziamento cognitivo, Counselling o Psicoterapia) da portare avanti parallelamente al Metodo di Studio, con me o con altri professionisti.
Un percorso sul Metodo di Studio può avere l'obiettivo di:
Il Potenziamento cognitivo (e/o delle funzioni esecutive) ha lo scopo di potenziare specifici aspetti della cognizione, come la Memoria, l'Attenzione, la Comprensione del testo, l'Organizzazione dei tempi e degli spazi.
Se te lo stai chiedendo, la risposta è sì: il confine tra i due percorsi non è sempre rigido, e spesso ci si trova a sconfinare dall'uno all'altro.