Gestire la rabbia: anche la nostra!
In questo articolo ti offro qualche spunto per imparare a gestire la rabbia di bambini e adolescenti, ma che sarà certamente utile anche a te per riflettere sulla tua stessa collera.
Questo testo non è dunque rivolto solo a genitori, educatori, educatrici e così via: poiché siamo tutti i genitori di noi stessi, è importante conoscere il funzionamento delle emozioni per poterle gestire al meglio a tutte le età.
Prima di cominciare, ti suggerisco di seguirmi con un piccolo esercizio:
esercizio Pensa alle ultime tre volte in cui hai provato rabbia. Non devi far altro che ricordare la situazione — con chi eri, cos’è successo, cosa ti ha fatto arrabbiare, come hai risposto.
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A cosa serve la rabbia?
Diciamolo forte e chiaro: la rabbia è un’emozione indispensabile.
- Quando siamo piccoli ci serve per attirare l’attenzione su di noi, per avvertire gli adulti che qualcosa non va, per protestare quando la mamma o il papà si allontanano per troppo tempo.
- Quando siamo adulti ci serve per delimitare i nostri confini, per farci rispettare, per riconoscere le ingiustizie e diffidare da chi non si comporta bene con noi.
- La rabbia legata alla frustrazione per un fallimento ci motiva a evitare gli errori commessi: se giocando a nascondino vengo beccato subito, la prossima volta cercherò un nascondiglio migliore.
- La rabbia causata da un limite imposto ci porta a ricercare l’autonomia, divenendo più competenti o trovando strade alternative: è proprio una rabbia fisiologica quella che ci porta a diventare adulti, sia fisicamente (imparando a muoverci, a manipolare oggetti, a parlare) sia cognitivamente (apprendendo come risolvere problemi complessi).
- In contesti sociali, un agito di collera comunica all’altro che sta facendo qualcosa di sgradito: se continui a darmi fastidio mentre sto giocando, ti urlo dietro; se prendi qualcosa di mio senza chiedere il permesso, te lo strappo dalle mani con decisione.
Insomma, pensa ai tre episodi di prima: come sarebbe andata se non avessi provato collera?
E ora, pensa a tutti gli episodi in cui hai provato rabbia quand’eri piccolə: come sarebbe la tua vita, adesso, senza quell’emozione?
Probabilmente questo ti avrebbe risparmiato tante grane e qualche momento di sofferenza, ma saresti una persona “molle”, poco definita, che accetta qualsiasi evento in modo acritico; non avresti sviluppato le competenze indispensabili per stare al mondo e, soprattutto, per differenziare ciò che ti piace da ciò che ti dispiace.
6 consigli per gestire la rabbia dei bambini
Abbiamo visto che la rabbia è un’emozione fisiologica dell’essere umano.
Tuttavia, se noi persone adulte siamo in grado di riconoscerla, modularla e gestirla, per bambini e adolescenti questa può essere una vera sfida.
Inoltre, per loro la frustrazione è sempre dietro l’angolo: vivono in un mondo che è a misura di adulto, non certo di bambino.
Gestire la fame, raggiungere gli oggetti, farsi comprendere, ricevere attenzioni, andare bene a scuola, interiorizzare le norme sociali — tutto è nuovo, tutto è difficile, tutto fa incavolare.
Ecco perché dobbiamo essere noi a insegnare ai mostriciattoli come riconoscere la rabbia, modularla, gestirla.
Ecco dunque 6 consigli per aiutarti a gestire la rabbia dei bambini… Oppure quella del bambino o della bambina che c’è in te!
- Accettarla
-
Un bimbo che si arrabbia è una cosa normale. È importante accettare questo dato di fatto senza che ogni agito d’ira metta in discussione il nostro ruolo (genitoriale, educativo, terapeutico, ecc), la nostra competenza, il nostro rapporto con loro.
Se l’altro si arrabbia con noi non significa che ci odia: significa che è sopraffatto dalla frustrazione per un nostro specifico comportamento, o addirittura per qualcosa di “esterno”, con cui c’entriamo poco o nulla. Perché allora se la prende con noi? Forse perché è proprio nella nostra relazione che si sente abbastanza a proprio agio e libero di “sbottare”!
Allo stesso modo, non dobbiamo sentirci in colpa quando a provare collera siamo noi. Non siamo maestri zen!
- Accoglierla
-
I bambini devono sentirsi liberi di esprimere la propria rabbia prima di apprendere come gestirla in modo funzionale.
Il rischio, altrimenti, è che interiorizzino il pericoloso messaggio che la rabbia è una cosa brutta, e che magari è meglio “dirottarla” verso la tristezza, l’accondiscendenza o l’evitamento di situazioni attivanti.
Molti adulti, infatti, diventano dei “ninja del conflitto”, sempre pronti a evitare un litigio, una discussione o anche solo una divergenza di opinioni… Salvo poi covare rancore, usare una comunicazione passivo-aggressiva, o addirittura interrompere rapporti che sarebbero stati salvabili con un semplice chiarimento.
Se ti ritrovi in questa descrizione, forse quand’eri piccolə non hai sentito la libertà di esprimere liberamente la rabbia. Ora che sei adultə puoi darti il permesso di provare questa emozione.
- Mantenere la calma
-
Questa è tosta: lo so. Ma buttare benzina sul fuoco non è mai una soluzione efficace — anzi, perdendo le staffe insegniamo loro proprio come NON gestire la rabbia! Se necessario, contiamo fino a 10 (o 100!) prima di intraprendere azioni educative.
Ci sono diverse strategie per abbassare il nostro livello di attivazione: alcune sono le stesse che possiamo usare per gestire l’ansia, le cosiddette “tecniche di distrazione”. Per esempio possiamo dare un colore alla nostra rabbia e denominare tutti gli oggetti di quel colore che riusciamo a vedere nella stanza in cui ci troviamo.
Possiamo anche ripeterci dei mantra personalizzati per combattere i pensieri automatici che, inevitabilmente, accompagnano gli stati di attivazione. Nei percorsi di sostegno psicologico impariamo proprio a identificare e controbilanciare questi pensieri.
- Dare un nome (e un confine)
-
Quando la bestiola non è troppo accecata dalla furia, possiamo intervenire verbalizzando e spiegando cosa sta succedendo — eh, sì: è compito nostro!
Ad esempio può essere il caso di chiedere: Cicciopino, mi sembri frustrato. C’è qualcosa che ti turba?
Oppure: Giammartina, credo tu sia arrabbiata perché non ti è venuto l’esercizio. Significa che ci tieni molto!
In realtà, lo stesso esercizio possiamo farlo su noi stessi attraverso la tecnica del dialogo interno. Essa consiste nell’osservarci dall’esterno, proprio come farebbe un genitore, e descrivere senza giudizio quello che sta succedendo dentro di noi.
- Proporre alternative
-
Un altro compito di noi adulti è mettere i cuccioli in sicurezza, rimuovendoli da situazioni pericolose o dannose (oggetti affilati, gesti auto- o etero-lesivi…) e fornendo alternative (cuscini, carta e penna, musica, attività fisica, urla controllate…).
Ancora una volta, è indispensabile che siamo innanzitutto noi ad aver trovato delle alternative per noi stessi.
- Dare il buon esempio
-
Bambini e adolescenti vedono tutto. Il loro compito evolutivo è quello di analizzare le figure di riferimento e apprendere dal loro comportamento.
Perciò, sta innanzitutto a noi mostrare che ci si può arrabbiare senza spaccare tutto e insultare gli altri!
Nei miei percorsi di Parent Training aiuto i genitori innanzitutto a fare queste cose sulla loro stessa collera; insieme scopriamo che la rabbia è un’emozione di base, universale, inevitabile — di per sé non è negativa, perché ci permette di rispondere a stimoli ambientali.
Sono semmai i comportamenti di collera sregolata, come l’aggressività fisica o verbale, a diventare disfunzionali.
Per poter evitare questi agiti, la rabbia va accolta e capita, e per farlo occorre innanzitutto conoscere come funziona la nostra.
E tu, sai come funziona la tua rabbia?
I 4 momenti del ciclo della rabbia
Ecco qualche domanda che possiamo porci sul funzionamento della nostra collera.
- Innesco
-
Quali sono i tuoi trigger, ovvero quegli eventi o situazioni che fanno scattare emozioni e pensieri di rabbia?
Spesso si tratta di tante piccole cose, ma se provi ad analizzare i tre episodi di prima, qual è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso?
E il resto del vaso, di cosa è riempito?
Ancora: cosa senti, all’inizio? Riconosci subito la rabbia come tale, oppure ci metti un po’? Identifichi subito a cosa è legata? Quali pensieri l’accompagnano?
- Mantenimento
-
Cosa mantiene attiva la tua collera? Per quanto tempo? Con quale intensità? In che modo?
Brucia in fretta come un fiammifero o si auto-alimenta come un incendio?
- Strategie di risoluzione
-
Cosa fai per sfogarti? Le tue strategie sono diversificate a seconda dell’intensità e della situazioni, oppure rigide e cristallizzate, a costo di risultare inefficaci?
E se la rabbia riguarda un’altra persona, cerchi la riconciliazioni o aspetti che siano gli altri a venire da te?
Una volta abbassato il livello di attivazione, sei in grado di riconoscere i tuoi errori e chiedere scusa? E di accettare le scuse altrui?
- Esito
-
Generalmente, a cosa porta la tua rabbia? Cosa ti fa ottenere? Cosa dice di te?
Ma soprattutto, quali emozioni la sostituiscono?
Quando la collera si risolve positivamente essa lascia il posto a una sensazione di pace e di serenità, o addirittura di euforia, se ha condotto ad esempio a un bel momento di riconciliazione.
Altre volte, tuttavia, la rabbia viene placata solo sperimentando uno stato di profonda tristezza, con annessi pensieri automatici di sconforto. In questi casi, forse non abbiamo gestito al meglio il nostro vissuto.
Ora puoi ripensare ai tre episodi di rabbia che hai identificato all’inizio, e provare a identificare in essi i 4 momenti del ciclo della rabbia. Questo può darti informazioni su come gestisci le situazioni di conflitto.
Prova a immaginare di vedere quelle situazioni “da fuori”, come se accadessero, appunto, a un bambino sotto le tue cure.
Come gestiresti la situazione? Saresti in grado di mantenere la calma, accettare e accogliere quell’emozione, darle un nome e un confine, proporre delle alternative comportamentali?
Questo è un esempio degli esercizi che propongo nei miei percorsi di Parent Training, rivolti ai genitori, e di sostegno psicologico, utilizzando la tecnica del reparenting.
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Bibliografia
Davis, D. L. (2013). Your angry child: A guide for parents. Routledge.
Galimberti, U. (2018). Nuovo dizionario di psicologia: psichiatria, psicoanalisi, neuroscienze. Feltrinelli.
Gordon, C., & Archer, C. (2012). Reparenting the child who hurts: a guide to healing developmental trauma and attachments. Jessica Kingsley Publishers.
Pellai, A., & Tamborini, B. (2019). La bussola delle emozioni. Edizioni Mondadori.